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Progetti di riqualificazione urbana a Bologna: il recupero dell’ex cittadella militare Staveco

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Progetti di riqualificazione urbana a Bologna: il recupero dell’ex cittadella militare Staveco

Carlo Vulpio sulla “Lettura” di ieri (inserto del Corriere della Sera dell’11/06/2017) continua il suo viaggio nel patrimonio italiano, soffermandosi in particolare su quei luoghi che necessitano di progetti di recupero per essere traghettati nel futuro. Uno di questi è l’area dell’ex Staveco (Stabilimento veicoli da combattimento), una cittadella militare in disuso nel centro di Bologna.

È un’area di 9 ettari e 44 mila metri quadrati di edifici su viale Panzacchi, ai piedi della collina del santuario di San Michele in Bosco.

Per ripercorrerne la storia, riportiamo alcuni passi significativi dell’articolo.

“Fu Napoleone Bonaparte nel 1796 – erano gli anni della dominazione francese in Italia – a segnare il destino di quest’area appartenuta ai frati Minori Osservanti fin dal XV secolo. Ne colse la ‘vocazione militare’ per la sua posizione e la requisì. Non sbagliava, visto che in seguito, con la stessa funzione di base difensiva-offensiva, la utilizzeranno gli austriaci (dopo i moti del 1848) e i piemontesi in funzione antiaustriaca (fino al 1860) mentre l’Italia postunitaria avrà qui uno dei suoi più forniti arsenali, oltre che fabbrica di armi, il Laboratorio pirotecnico.

Il Pirotecnico in pochi anni diventa una delle prime fabbriche di Bologna, con 330 operai nel 1886, 1100 nel 1903 e 14 mila alla vigilia della Grande Guerra, soprattutto donne, e non solo per l’impegno degli uomini al fronte, ma perché le mani femminili erano le più adatte nella fabbricazione delle munizioni.

[…]

La ‘vocazione militare’ dell’area, naturalmente, continua a essere coltivata per tutta la Seconda guerra mondiale e anche dopo, con lo stabilimento per la costruzione di veicoli da combattimento, la Staveco appunto, che è stata attiva fino al 1978. La fase finale, dopo la chiusura e prima dell’abbandono, è durata venticinque anni ed è stata scandita da altri due acronimi simili: Stavetra (Stabilimento veicoli da trasporto), fino al 1990 e Stamoto (Stabilimento materiali per la motorizzazione) fino al 2003, anno della definitiva cessazione di ogni attività”.

Questo fino a quando un gruppo di trentenni (Sebastiano Curci, giornalista ed educatore sociale di disabili, Luca Naldi, laurea in Scienze della comunicazione e artigiano del legno, e quattro architetti, Agnese Casadio, Gianmaria Socci, Andrea Cucinotta, Francesca Ciafè) non elaborano un progetto di recupero dell’area e lo lanciano con lo stesso nome di Staveco, ma con significato mutato: “Saperi Tramandati dell’Artigianato Vecchio e Contemporaneo”.

“Lo scopo è quello di rivitalizzare la cittadella militare, popolandola di attività artigianali sempre molto ricercate ma in via di estinzione, di botteghe, di punti vendita, di laboratori e scuole tecnico-pratiche, dove l’Università mandi i suoi docenti a insegnare e le piccole aziende trovino lo spazio vitale necessario a produrre e a formare artigiani di alto livello. Nella falegnameria, l’oreficeria, la sartoria, la lavorazione dell’argilla, del ferro, del rame e del vetro, ma anche nella cosmesi, la liuteria, la produzione alimentare, fino ai laboratori di cinema, fotografia, scenografia, arti grafiche e design e, naturalmente, nuove tecnologie”.

Un enorme in bocca al lupo a questi coraggiosi e intraprendenti trentenni e speriamo che il loro progetto si compia!

(Cinzia Dezi)

 

 

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